Vai al contenuto

black prince

24 aprile 2024

Con la consueta dottrina, Andrea Carandini ha scritto una sorta di “autobiografia” di Nerone (aveva già fatto, scopro, un Io, Agrippina, sul modello – insuperabile, di Robert Graves), pubblicata con un certo successo.

Ne viene fuori un personaggio malinconico, una sorta di istrione nato per il palcoscenico e finito princeps grazie alle trame materne, assai refrattario ai lunghi pipponi senecani sulla virtù stoica e con una spiccata incapacità a scegliersi gli amici (gli ultimi anni sono un succedersi di congiure) ma ho come l’impressione che il vero Nerone resti un mistero.

una canzone a caso – 775

22 aprile 2024

George Michael, Amazing

I was goin’ down for the third time / My heart was broken / I was not open to your suggestions / I had so many questions / That you just kissed away… The day you walked in and changed my life / I think it’s amazing / The way that love can set you free

I could have been a don

21 aprile 2024

L’opera omnia dei Pet Shop Boys è oggetto di un’antologia accademica (The Pet Shop Boys and the Political) che raccoglie saggi di vari autori su temi culturali, identitari, sociali e più genericamente queer della produzione del duo (sono quarant’anni dalla prima versione di West End girls ed in settimana esce il nuovo album, Nonetheless).

Se da una parte alcune sviste potevano essere evitate (Paninaro è del 1986, non del 1987; l’album Yes è del 2009, non del 2008) ed alcuni interventi paiono forzati (in particolare It’s a sin: religious imaginery and queer identities in “It couldn’t happen here”), ci sono pagine che meritano (come i due interventi sul tatcherismo oggetto di diverse canzoni nei loro primi due album, quello sull’immaginario sovietico – vedi ad esempio My october symphony o Living in the past – e la rilettura del caso Profumo in Nothing has been proved e la contemporanea We didn’t start the fire di Billy Joel), culminando sulle diverse chiavi di lettura di quel capolavoro che è la loro versione di Go west, che da questo è diventata una cosa in cui la gay utopia di san Franscisco si sovrappone al crollo dell’URSS ed alla fuga verso l’ovest alla ricerca di un mondo migliore. La fine del secolo breve, insomma:

for your own good, avoid any second opinion

20 aprile 2024

A farci caso, uno nota come tutta una serie di problemi del cattolicesimo derivi dalla tendenza a vedere cosa ne dice san Paolo. Ad esempio: Gesù nulla dice sull’omosessualità, ma vediamo un po’ che ne pensa san Paolo! O ancora: Gesù nulla dice sul ruolo della donna rispetto all’uomo, ma vediamo un po’ che ne dice san Paolo! E da lì, disastri vari.

Ulteriore esempio viene da Mt. 22 21, in cui Gesù, laconicamente, dice “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” e volendo poteva anche finire lì, poi qualcuno avrà pensato “ma vediamo un po’ che ne dice san Paolo!” e, boom, Romani 13 è tutta una cosa su ogni potere che viene da Dio ed ecco che diventa un po’ difficile dare a Cesare quel che è di Cesare o in generale separare i due.

A partire proprio dall’interpretazione dei due passi scritturali, in Cesare e Dio Marco Rizzi ricostruisce le dinamiche tra potere spirituale e potere secolare in Occidente, dai primi secoli del cristianesimo (anche “vediamo un po’ cosa ne dice Agostino” ha le sue colpe, eh) all’età moderna (si arriva a Lutero e Calvino), passando per Bonifacio VIII (la bolla Unam sanctam tende a chiudere perentoriamente la questione) e l’inascoltato Marsilio da Padova, che vedeva nell’assolutismo papale il massimo pericolo per la pace universale.

(in tutto questo resto #basito dall’uso di “esigiti” come participio passato di “esigere” – p. 82 – visto che, se proprio si vuole, si dovrebbe dire “esatti”)

una canzone a caso – 774

17 aprile 2024

Red Hot Chili Peppers, Dani California

siamo tutti i barbari di qualcun altro

16 aprile 2024

Uno a Giusto Traina gli vuole anche bene (e si arriva persino a perdonargli l’uso di parole come – giuro -“internauti”, mentre a p. 17 cita Lady Gaga) ma I Greci e i Romani ci salveranno dalla barbarie è davvero un po’ insulso.

Alla collana della Laterza sono affezionato ed il lavoro di Alice Borgna mi era parso ricco di stimoli e spunti di riflessione, mentre qui Traina si limita, talora con il tono stanco dell’anziano brontolone, a richiamare in maniera non molto approfondita le indebite appropriazioni novecentesche (ed odierne) di quanto siamo soliti definire “classico”, dai nazisti “veri” eredi dei Greci (su cui questo) a Zenobia oppositrice “araba” all’imperialismo Romano (era aramea, p. 17) alle letture di Pericle in chiave anti-berlusconiana, da Atene Nera ad Antigone eroina di qualsiasi cosa, dall’attualizzazione di Tucidide (qua) alle ridicolaggini fasciste (ed allo strascico di sangue che hanno portato con sé), tutte cose meritevoli di studio approfondito.

Manca forse una pars costruens, in cui direi che i “classici” vanno studiati per sé, per l’intrinseco valore che hanno, non perché “radici” o “modelli” ma perché sono, semplicemente, un “altro” da cui siamo specchiati.

you’re not seriously suggesting we kill a unicorn

15 aprile 2024

Non ero molto fiducioso su Legacies (spin-off di The originals, a sua volta spin-off di The vampire diaries) ma, presa con il piede giusto, la prima stagione è apprezzabile.

Bisogna però partire dal presupposto che sia completamente altro rispetto ai precedenti, sia per la scrittura (assai poco matura, rispetto ai momenti migliori di The originals) sia per il genere narrativo (il punto di partenza è la scuola per maghetti di Harry Potter – qua siamo in un’accademia per esseri sovrannaturali tout court), che si muove più dalle parti del fantasy che altro (ci sono i draghi, per dire).

La protagonista è Hope (la figlia di Klaus, un po’ strega, un po’ vampiro, un po’ lupo mannaro), cui si aggiungono adolescenti di varia natura (più il beau, Landon, che non è chiarissimo cosa sia per gran parte degli episodi), mentre agli adulti (tra cui Alaric dai Diari) resta poco spazio, anche perché privi di poteri sovrannaturali.

Apprezzabili – se siete un filino nerd – i continui riferimenti metanarrativi ad altre saghe (da The walking dead a Carrie a Star Trek II – ! -).

de vita hominum

14 aprile 2024

Ad un certo punto l’umanista Giannozzo Manetti è stato illuminato dalle biografie delle Vite parallele di Plutarco ed ha deciso che questo dovesse essere il suo genere letterario di riferimento, di cui selezione è offerta nei Biographical writings.

Il volume si apre con i suoi tre testi più importanti, cioè le Vite dedicate a Dante, Petrarca e Boccaccio (che certamente svolsero un ruolo significativo nella canonizzazione delle “tre corone fiorentine”), poco basate su fonti autonome e che – con l’eccezione di Dante – dedicano poco se non nullo spazio alla loro produzione in volgare. Seguono poi degli estratti dal De illustribus longaevis (aveva evidentemente appena letto il Cato maior di Cicerone) e dal Contra Iudaeos et Gentes (in cui, senza piombare comunque nel più bieco antisemitismo, presenta biografie di cristiani e di ebrei allo scopo di esaltare i primi).

Vero tentativo di “vite parallele” sono le biografie di Socrate e di Seneca, che risentono fortemente dei limiti della nascente filologia (la seconda in particolare è un mezzo disastro, perché all’epoca non era ancora chiara la distinzione fra Seneca retore – il padre – e Seneca il filosofo di età neroniana – ad un certo punto Manetti si mette a fare dei calcoli e pare sul punto di rendersi conto che se fossero stati la stessa persona Seneca avrebbe dovuto toccare i 120 anni d’età ma, niente, non ce la fa; non era neanche chiarissimo se ascrivere al filosofo le tragedie della tradizione manoscritta e Manetti preferisce sospenderne il giudizio, negando solo che l’Octavia sia di Seneca). Ai limiti dell’epoca si aggiungono i suoi personali, come una fastidiosa tendenza alla ripetizione ed una scrittura “scolastica”, con pochi guizzi e momenti brillanti.

pictures, prejudice and poor philology

13 aprile 2024

Mi ero perso (è del 2007) il monumentale The Greeks & Greek Love di James Davidson, volumone che si propone una nuova lettura dell’omosessualità greca (“l’amore greco” del titolo, che fa molto pruderie ottocentesca – dovremmo comunque dire omosessualità greche, al plurale), superando alcune incrostazioni ormai decennali dagli allora rivoluzionari lavori di Dover, Foucault etc.

Secondo Davidson, da Dover in poi si è diffusa una ‘sodomania’ che ha ridotto il tutto a questioni di ruolo (chi fa cosa, con tutto il seguito di attivo/passivo, amante/amato) e di penetrazione/non penetrazione (da cui Dover si inventa, se non il concetto, il termine intercrurale), temi certamente presenti in parte della tradizione (Platone!) ma non così univoci come piacerebbe pensare. Vengono di conseguenza smantellati alcuni luoghi comuni, come la questione dell’età dell'”amato” – certamente complessa in una società in cui la gente non sapeva esattamente quanti anni avesse (cosa paradossale, considerato il ruolo delle fasce d’età nella vita pubblica, ma i Greci non festeggiavano il compleanno, per dire) – , viene sminuita la funzione “iniziatrice” dell’omosessualità (con i suoi presunti paralleli con la bibliografia antropologica sulla Papua Nuova Guinea) ed il punto di vista cerca di allargarsi ben oltre la sola società ateniese.

Come per tutti i buoni libri, dopo la lettura restano comunque più nuove domande che risposte.

La scrittura di Davidson, per quanto si basi su solide conoscenze accademiche ed una incredibile conoscenza delle fonti, è vivacissima, e sconfina in un umorismo nerd che trovo irresistibile (“l’Athenaion Politeia di Aristotele, Ath. pol. per gli amici”, tipo), anche se talora parte un po’ per la tangente (ad un certo punto la lettura di Saffo confluisce in una disquisizione su The girl from Ipanema).

una canzone a caso – 773

7 aprile 2024

Boygenius, Not strong enough