quo venus cupidoque imperat, suadet amor!
Ovviamente non potevo resistere, e quindi ho letto il fumetto del Curculio di Plauto.
Rispetto a quello della Mostellaria, si tratta di un’opera più recente (2008) e a colori, ma il testo latino mantiene parecchi arcaismi e resta meno immediato nella comprensione, col pregio ovviamente di maggior cura filologica.
La commedia verte su un giovane innamorato di una ancillula che un crudele lenone volt meretricem facere; per riscattarla, il ragazzo ha mandato in Caria il suo parassita (il Curculio del titolo) a chiedere in prestito ad un amico le trenta mine necessarie. Siccome però l’amico era povero quanto lui (tibi est item ei, magnam argenti inopiam!), Curculio scopre che un soldato aveva comprato la ragazza e, dopo una partita a dadi, riesce a sottrargli l’anello che serviva ad identificarlo e a liberare quindi la fanciulla. Il tutto sembra funzionare, finché il soldato non arriva in città per prendere quella che ritiene sua ma che ora è una donna libera…
Non è una delle commedie più note di Plauto ma contiene una scena particolarmente riuscita, in cui l’autore gioca col topos dell’innamorato exclusus che parla con la porta che lo separa dall’amata e che è complice dei loro incontri (ostium oculissimum!… cum aperitur, tacet!)…
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