una canzone a caso – 156
Blur, Tender
Ricordo che, nello stesso giorno di fine febbraio del 1999, comprai due singoli; uno era questo:
L’altro era Tender dei Blur.
Ricordo anche che avevo appuntamento per pranzo con un amico e che, aspettandolo davanti all’università, ascoltavo ossessivamente le due canzoni; … Baby one more time richiese un intero ascolto per essere apprezzata (ero chiaramente vecchio dentro), mentre Tender mi colpì subito dalle prime note, perché decisamente diversa da quanto i Blur avevano fatto fino a quel punto, come avrebbe confermato l’album uscito poco dopo.
13 (ne parlavamo qua) era infatto il disco i cui testi non erano più la spietata parodia della middle-class britannica (cui ci avevano abituato con Sunday sunday, Country house, Parklife e praticamente tutto il loro catalogo) ma una sorta di seduta di psicoanalisi nella quale Damon cercava di fare in conti con la sua relazione fallita con Justine degli Elastica (il disco si chiude con No distance left to run, che pare sempre drammatica).
In Tender (tranne che per l’incipit che richiama F. Scott Fitzgerald) Damon parla a se stesso e si invita essenzialemente a tirare avanti, perché le cose cambieranno ed il male che prova passerà.
Banale, volendo, ma decisamente efficace e catartico: