c’erano una volta un re ed una regina…
Comincia così (erant in quadam civitate rex et regina) una delle pagine più affascinanti della letteratura latina, la storia di Amore e Psiche raccontata da Apuleio (quello vero!) nelle Metamorfosi, che ha ispirato a Canova una delle sculture più belle della storia dell’umanità.
Alla fortuna letteraria (con un’appendice sulle arti figurative curata da Cinzia Di Cuonzo) del mito è dedicato un saggio di Lionello Sozzi che, forse per scelta più dell’editore che dell’autore, risulta un po’ ingannevole…
Tranne che per qualche riferimento agli umanisti, a Leopardi, a Pascoli, ad un paio di crepuscolari ed a Sibilla Aleramo (che chiede ragione a Psiche del terremoto di Messina del 1908!), è quasi interamente dedicato (e non poteva essere altrimenti, visto il curriculum di Sozzi) alla letteratura francese, ambito in cui la mia ignoranza si fa particolarmente abissale, rendendo un po’ difficile seguire i continui rimandi ad autori che, non essendo i tre che conosco io (i due, va, Baudelaire e Rimbaud), mi paiono solo nomi e Sozzi è talmente francesista dentro che quando cita un Frazer o un Poe ricorre alla traduzione francese e non all’originale inglese.
Anyway (o d’ailleurs?), è interessante vedere come lo stesso mito abbia preso inzialmente due diversi percorsi interpretativi, uno platonizzante ed uno cristiano, per poi diventare un trionfo dell’edonismo e della sensualità nel secolo dei libertini, una metafora ottocentesca per il cammino dell’umanità fino a demitizzarsi nella dissacrante parodia ‘900 di un Savinio, il tutto scritto in maniera elegantissima…
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