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de convivio

30 aprile 2024

Come nota lo stesso Michele Napolitano, non esiste corrispondente latino del greco “simposio” (che vuol dire più o meno “bere insieme”), in quanto il latino convivium ha un senso più ampio (nos “convivia,” quod tum maxime simul vivitur, scriveva Cicerone, Fam. IX 24 2-3, spiegando che per i Romani il convivium è vivere – e non solo bere – insieme), anche se, malgrado alcune differenze (la presenza delle donne a Roma, ad esempio), le due esperienze sono in gran parte sovrapponibili.

In I Greci, i Romani e… il simposio si raccolgono dunque testi di entrambe le lingue (in traduzione) attinenti al tema, a partire dal banchetto omerico alla corte dei Feaci (Od. IX), passando per i classici della poesia simposiale (Archiloco, Alceo, Anacreonte, Teognide, Orazio) e quel capolavoro che è la cena del Satyricon di Petronio, per concludere con un maliziosissimo Ovidio (Amores I 4) che partecipa ad un banchetto alla presenza dell’amata e del di lei marito (già da giovane Ovidio tendeva a mettersi nei guai), con tutto un susseguirsi di sguardi ed allusioni, fino al momento in cui il nostro deve accettare la realtà ed il “primato” del marito: i due tornano a casa e lui si prenderà da lei baci – e non solo – (oscula iam sumet, iam non tantum oscula sumet), cioè quanto l’amata concede al poeta di nascosto e che per dovere matrimoniale dovrà concedere allo sposo (quod mihi das furtim, iure coacta dabis).

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