e se nasce una bambina poi la chiameremo Roma
Una cosa che detesto sono quelli che chiudono un tweet in cui riportano un crimine abietto o una qualche situazione di disagio sociale con “Italia 2022″, non per riferire che quanto riportato è accaduto “in Italia nel 2022″ ma per dire “non è possibile che questo sia accaduto in Italia! Nel 2022! OMG! 11!!!!!1!”, come fosse meno grave se avvenuto in Francia nel 1765 o in Pannonia nel 542, che è poi la stessa forma mentis che sta dietro ai giornalisti quando notano che un crimine è avvenuto “in pieno centro” o “in pieno giorno”, come se la periferia fosse terra di nessuno o la notte un tempo in cui è normale andare in giro a sparare alla gente.
Mi pare, oltre che una semplificazione narrativa che nasce in primis da pigrizia di chi procede per frasi fatte, un modo di dire “questo qui non può succedere” perché “noi siamo meglio di questo”, che denota una miopia di chi non vede la realtà, chiuso nella sua bolla autoreferenziale.
Non so perché, ma queste confuse riflessioni mi sono venute in mente vedendo Sacro GRA, il documentario (ma la definizione è incerta, se non nel senso letterale di qualcosa che documenta) che racconta ed incastra storie diverse di persone che vivono a ridosso del Grande Raccordo Anulare di Roma, dalle attempate prostitute di strada al personale delle ambulanze notturne, da uno degli ultimi pescatori di anguille del Tevere a nobili decaduti o sedicenti tali, presentate senza giudizio con la franchezza di una realtà forse sgradevole ma che forse è buona cosa conoscere, uscendo per una volta dalla bolla.