taedium vitae o malanconia o spleen, o, come dice Tondelli, “scoglionatura”
Un po’ datato (è del 2010) ma certamente utile per riflettere criticamente sulla letteratura italiana degli ultimi 40-50 anni, Under 40 di Roberto Carnero è dedicato a “i giovani nella nuova narrativa”, dove “giovani” vale sia per gli autori (under 40, appunto) sia per l’oggetto della loro narrativa, giovane o giovanilistico anch’esso.
Si parte dai “classici” del genere, come Porci con le ali (1976) – che resta, secondo me, fondamentale, per quanto scritto da due non-giovani – per arrivare a La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano (2008); in mezzo gli anni ’80, rappresentati da Tondelli (la cui influenza su tutto quello che viene dopo non è mai sottostimata e che rimane, a mio giudizio,netto spartiacque nella prosa novecentesca), da Treno di panna di Andrea De Carlo e da libri facilmente dimenticati (Volevo i pantaloni di Lara Cardella).
Gli anni ’90 sono richiamati da Silvia Ballestra, Enrico Brizzi e Giuseppe Culicchia (che dei tre resta il migliore), mentre degli anni ’00 spicca certamente l’Ammaniti di Io non ho paura (2001) – malgrado qualche ingenuità – fino ad arrivare a quel momento storico in cui, non so se per riflesso anagrafico mio personale o per oggettiva decadenza della scrittura, si è indecisi se meritano più sberle i personaggi o direttamente gli autori – è il caso 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire di Melissa P (“accozzaglia di luoghi comuni psicologistici… banalità della storia e superficiale ovvietà del linguaggio”, dice giustamente Carnero) e soprattutto del terrificante Tre metri sopra il cielo di Federico Moccia (“patetismo spesso stucchevole”).
Che si parta da Tondelli e si finisca a Moccia è parabola devastante, sarà il caso di avere qualche speranza in, chessò, Jonathan Bazzi?