negli occhi di chi guarda
Sempre fastidiosi i giochini editoriali, per cui fra due co-autori quello famoso ha caratteri più grandi o, se sono a pari carattere, salta poi fuori che il primo ha solo scritto qualche pagina introduttiva, come per Il mito di Elena di Carlo Brillante, aperto da una trentina di pagine in cui Maurizio Bettini si dà alla narrativa e rievoca la vicenda del poeta Stesicoro, punito con la cecità dai Dioscuri e costretto a ritrattare la versione del mito per cui Elena – come evocò Saffo, ma a lei andò meglio – sarebbe stata ben felice di seguire il grazioso Paride.
E dunque Stesicoro cambiò versione e vi sono tracce che in realtà di palinodie ne compose due, accomunate dal fatto che comunque a Troia Elena non ci arrivò mai, sostituita da una sorta di “fantasma” con apparenza corporea (eidolon, in greco) che ingannò tutti per i dieci anni della guerra, come poi raccontò Euripide nella tragedia dedicata alla donna.
A quest’archetipo di figura femminile (che può dunque essere letto, paradossalmente, come modello di sposa fedele o donna fedifraga – l’Elena “per cui tanto reo / tempo si volse” di Dante, Inferno V 64-65) è dedicato il libro di Brillante che segue gli sviluppi del mito, dai poco noti rituali spartani che le venivano dedicati alle persistenze moderne, senza riuscire, ma forse è giusto così, a giungere ad una netta conclusione.