questa no, questa manco e neppure questa
Quinta tappa dei suoi studi su Un ebreo marginale, l’ultimo (per ora) volume pubblicato da John P. Meier è dedicato alle parabole che i Vangeli attribuiscono a Gesù, e son dolori.
Dopo aver speso più tempo di quanto pensavo fosse umanamente possibile a dimostrare che il Vangelo copto di Tommaso non possa essere considerato indipendente dai sinottici e non permetta dunque di riconoscere la ‘duplice attestazione’ di parabole simili a quelle degli altri Vangeli in esso presenti, applicando i suoi rigidi – ma scientemente stabiliti – criteri di disamina, Meier conclude che pagine di chiara fama (e notevole scrittura, cosa che avrebbe dovuto farci venire qualche dubbio) come il “buon samaritano” o “il figliol prodigo” non possano attribuirsi al Gesù storico (ma casomai all’acume teologico di Luca o comunque di altri discepoli che abbiano imparato a comporre parabole sul modello di Gesù, a meno di non “pensare che tutti i discepoli fossero stupidi come li fa sembrare Marco“, scrive a p. 364) e conclude con l’amara constatazione che solo QUATTRO parabole possono con qualche plausibilità risalire all’insegnamento diretto di Gesù (#spoiler: il granello di senapa, i fittavoli malvagi, i talenti e la parabola “del grande banchetto”, cui afferiscono in ultima analisi due distinte redazioni sinottiche), smantellando così secoli di brillanti esegesi altrui.
Dura lex (philologiae), sed lex, viene da dire. Attendiamo nuovi volumi, se non lo scomunicano prima…
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