other means may succeed, this could not fail
Star Trek – Picard (capolavoro, eh – spero di sopravvivere alla pandemia solo per arrivare a finire la prima stagione) si apre con il suo protagonista rancoroso ed amareggiato, ormai autocongedatosi in protesta con la Flotta Stellare (siamo vent’anni dopo Nemesis), in seguito all’abbandono di un piano di evacuazione di massa dello spazio romulano, minacciato dalla trasformazione del suo sole in supernova.
Per quanto la premessa della serie si sveli gradualmente nel corso della stessa, può essere utile The last best hope di Una McCormack, che – pur non essendo ufficialmente ‘canone’ – introduce alcuni personaggi (Raffi, Agnes Jurati, il piccolo Elnor) e ne recupera altri (Bruce Maddox), spiegando l’amarezza ed il rancore di cui sopra e risultando ottimo prequel alla storia.
Come fa Star Trek nei momenti migliori, è poi smaccata allegoria dei tempi in cui si vive, qui in chiaro riferimento alle questioni dei rifugiati, alle squallide manovre dei politici alla ricerca di facile consenso ed alla difficoltà ed importanza di fare il bene, sempre.
Non solo a fine 24esimo secolo, direi.
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