star trek: orville
Definire la nuova serie di Seth McFarlane “un disastro creativo, morale ed etico” può forse parere eccessivo ma almeno la prima stagione lascia certamente perplessi.
Seth McFarlane è l’autore di Family guy, la cui narrazione è anni luce lontana dal modello della fantascienza mentre qui il nostro si cimenta in un “omaggio” a Star Trek che sconfina platealmente con il plagio (e malgrado questo molti legati a ST vi appaiono in diverse funzioni: Jonathan Frakes, Brannon Braga, Robert Picardo, Penny Johnson Jerald, Robert Duncan McNeill vi recitano o ne sono registi/produttori), infarcendo la cosa con prestiti da Family guy, come una certa ricorrenza al turpiloquio ed all’umorismo scatologico, contesti improbabili (quello della Orville è chiaramente un equipaggio di imbecilli e gli ufficiali paiono privi di qualsiasi competenza nonché minimo buon senso) e soluzioni narrative apprezzabili eventualmente in una sit-com ma non in una serie ‘seria’.
E non ci sarebbe niente di strano se The Orville non volesse nel contempo essere una serie ‘seria’, nel modo in cui lo sono state il primo Star Trek e The next generation, che commentavano criticamente la contemporaneità attraverso il filtro della fantascienza; ed invece The Orville prova ad affrontare questioni complesse come le dinamiche di genere, la dipendenza dai social media (c’è una puntata sulla ‘democrazia assoluta’ che piacerebbe alla Casaleggio e associati), la teocrazia e cose del genere risultando in pratica uno Star Trek mal scritto.
Dicono comunque che la seconda stagione sia meglio…
Trackbacks