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star trek: orville

14 giugno 2019

815pOba34aL._SL1500_Definire la nuova serie di Seth McFarlaneun disastro creativo, morale ed etico” può forse parere eccessivo ma almeno la prima stagione lascia certamente perplessi.

Seth McFarlane è l’autore di Family guy, la cui narrazione è anni luce lontana dal modello della fantascienza mentre qui il nostro si cimenta in un “omaggio” a Star Trek che sconfina platealmente con il plagio (e malgrado questo molti legati a ST vi appaiono in diverse funzioni: Jonathan Frakes, Brannon Braga, Robert Picardo, Penny Johnson Jerald, Robert Duncan McNeill vi recitano o ne sono registi/produttori), infarcendo la cosa con prestiti da Family guy, come una certa ricorrenza al turpiloquio ed all’umorismo scatologico, contesti improbabili (quello della Orville è chiaramente un equipaggio di imbecilli e gli ufficiali paiono privi di qualsiasi competenza nonché minimo buon senso) e soluzioni narrative apprezzabili eventualmente in una sit-com ma non in una serie ‘seria’.

E non ci sarebbe niente di strano se The Orville non volesse nel contempo essere una serie ‘seria’, nel modo in cui lo sono state il primo Star TrekThe next generation, che commentavano criticamente la contemporaneità attraverso il filtro della fantascienza; ed invece The Orville prova ad affrontare questioni complesse come le dinamiche di genere, la dipendenza dai social media (c’è una puntata sulla ‘democrazia assoluta’ che piacerebbe alla Casaleggio e associati), la teocrazia e cose del genere risultando in pratica uno Star Trek mal scritto.

Dicono comunque che la seconda stagione sia meglio…

 

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