учиться через боль
Secondo Google, la frase qua sopra sarebbe “pathei mathos” in russo, cioè il concetto eschileo secondo il quale la sofferenza porta conoscenza, particolarmente caro a Dostoevskij, intorno al quale ha costruito Delitto e castigo (che pare andrebbe reso con “pena”, influenzato dall’opera di Beccaria, ma i primi traduttori italiani passarono per una riduzione francese e da allora da noi si dice così – la questione dei titoli italiani delle cose straniere ha lunghe origini, direi).
Non farò come quelli che definiscono “noioso” il Colosseo, perché Delitto e castigo è un capolavoro anche se uno fa finta di non sapere che sta leggendo un capolavoro e, malgrado la mole, il vortice dei pensieri in cui finisce l’impronunciabile protagonista – colpevole di un duplice omicidio per noia / avidità / superomismo – è avvincente dall’inizio alla fine, con pagine di brutale misticismo che restano insuperate: c’è qualcosa di empiamente sacro nella pagina in cui Rodiòn Romànovic Raskòl’nikov (appunto) costringe la povera Sofja a leggere il passo giovanneo sulla resurrezione di Lazzaro, proprio quando lui sta morendo dentro e si nega ogni possibile resurrezione e lei, da prostituta, è la più santa delle sante.
Da rileggere e rileggere, temo.
Forse ancora più eschileo che sofocleo (Agamennone, v.160)
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yeah, correggo ;-)!
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