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E quasi tre anni dopo ci ritroviamo dalle stesse parti, se non peggio ancora.
La seconda stagione di Making a murderer segue gli sviluppi processuali di Steven e Brendan, dopo che, in seguito alla prima stagione, la loro storia è diventata più nota e nello stesso tempo più polarizzante fra innocentisti e colpevolisti; al filone dei primi appartiene – già lo dicevamo – la produzione del documentario di Netflix, che vede ora una nuova protagonista in Kathleen Zellner, l’agguerritissima ed algida avvocatessa di Steven che da una parte cerca di ottenere un nuovo processo per il suo assistito e dall’altra svolge indagini parallele che la portano ad avanzare plausibili sospetti su un altro membro della famiglia, Bobby, il fratello maggiore di Brendan, la cui posizione non fu mai presa in seria considerazione dalla polizia locale che avrebbe trovato in Steven un facile bersaglio.
Non mi è chiarissimo come sia legalmente possibile accusare pubblicamente qualcuno di omicidio fuori dalle aule di un tribunale ma il sistema giudiziale statunitense mi sembra così complicato che non mi stupisco più di nulla…
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