long time ago in Bethlehem, so the Holy Bible said – really?
Ci sono voluti 25 anni (!) ma l’estenuante lavoro di John P. Meier pare avviarsi alla conclusione, con la pubblicazione del suo quinto volume dedicato all’ardua impresa di ricostruire il “Gesù storico” (il Gesù che possiamo ‘recuperare’ ed esaminare usando gli strumenti scientifici della moderna ricerca storica, come spiega lui stesso).
L’opera nel suo insieme si chiama Un ebreo marginale, a sottolineare tanto un’appartenenza etnico/religiosa quanto una marginalità geografica, politica e teologica (nel contesto della Palestina del I sec. dC) per individuare la figura di Gesù, a prescindere dalle riflessioni confessionali (Meier è cattolico) e dalla dimensione della fede, che non trova spazio in un libro che vuole essere esempio, appunto, di ricerca storica.
Mi sono imbarcato nell’avventura di leggere il tutto a partire – ovviamente – dall’inizio, con il primo volume (l’originale è del 1991, ma Queriniana lo ha tradotto dieci anni dopo), dedicato a Le radici del problema e della persona e l’esperienza è stato illuminante, in modo particolare dal punto di vista metodologico, cui l’autore dedica quasi metà del libro, illustrando cinque criteri guida ed un paio di criteri ancillari per riconoscere la ‘storicità’ del racconto.
Dopo una serrata analisi delle fonti (che si riducono essenzialmente ai vangeli di Marco/Giovanni ed alla fonte comune di Matteo/Luca, nonché al Testimonium Flavianum, di cui Meier – tolte tre interpolazioni cristiane – riconosce l’affidabilità), si parla appunto delle ‘radici’ del problema, a cominciare dal nome (il nostro Gesù viene da una forma locale di Yesua), dal luogo di nascita (più Nazaret che Betlemme, parrebbe) e dalle questioni del concepimento verginale (materia di fede, anche se è evidente che il testo neotestamentario non ne fosse così ossessionato come i cristiani venuti dopo), con un interessante excursus sulle possibilità – assai poche – che, come diceva Celso, Gesù fosse figlio illegittimo di un certo Pantera.
Quasi a fornire una sorta di ‘carta d’identità’ di Gesù, Meier affronta questioni varie, come quella della lingua da lui parlata, del suo livello culturale, della sua professione pre-missione per passare infine alle dinamiche familiari (la verginità di Maria post partum è smentita dalla scrittura e Gesù aveva fratelli e sorelle, fatevene una ragione) e ad un tentativo di cronologia delle ultime ore di Gesù che non sovrappone l’ultima cena alla Pasqua ebraica.
Il tutto in meno di 500 pagine, ma il vol. 2 ne ha quasi il triplo…
ps apocrifo / La storia di Giuseppe carpentiere che è il costruttore della croce del figlio – cui allude De André nella bellissima Maria nella bottega d’un falegname (mio martello non colpisce, / pialla mia non taglia / per foggiare gambe nuove / a chi le offrì in battaglia, / ma tre croci, due per chi / disertò per rubare, / la più grande per chi guerra / insegnò a disertare”) viene da un testo di Nag Hammadi, il Vangelo di Filippo
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