the discovered country
Finita la prima stagione, sarà il caso di provare a mettere giù qualche impressione sulla sesta (!) serie di Star Trek, Discovery.
I film di JJ Abrams hanno creato una sorta di universo alternativo a partire dalla nascita di James T. Kirk e da lì hanno seguito una loro strada, non sempre riuscitissima, il che vuol dire che tecnicamente abbiamo due filoni narrativi distinti, così riassumibili nell’ordine cronologico di svolgimento e non di produzione:
- il ‘vecchio’ ST: Enterprise, Discovery, The original series, The next generation, Deep Space Nine, Voyager e tutti i libri ‘ispirati’ alla serie
- il ‘nuovo’ ST: Enterprise, Discovery, Star Trek, Into Darkness, Beyond (per questioni di diritti a me non chiarissime, non ci sono per ora libri ‘ispirati’ alla Kelvin Timeline, cioè allo ST di Abrams)
Discovery è ambientata dunque solo una decina di anni prima della serie originale (il che permette apparizioni come quella di Harry Mudd o di Sarek, nonché della prima Enterprise comandata da Christopher Pike) e non cerchiamo di giustificare l’ovvia differenza fra una cosa del 2018 ambientata poco prima di una cosa prodotta negli anni ’60, perché non ne possiamo uscire, soffermandoci piuttosto sulla scelta di non avere come protagonista il capitano di una nave ma un ufficiale dalle turbolente vicende come Michael Burnham, che parte un po’ come anti-eroina ma che chiude il suo arco narrativo con un pieno riscatto.
Il punto di vista di quello che nell’impostazione classica sarebbe stato un comprimario è un meccanismo molto efficace che dà nuova linfa alla narrazione e da questo punto in poi ci si può aspettare di tutto.
I filoni narrativi della prima stagione sono essenzialmente tre, dei quali uno conclusosi in maniera affrettata ed insoddisfacente (tutta la questione Klingon pareva interessante all’inizio ma si è risolta in due minuti allo scopo di portare la Federazione e l’Impero a quella sorta di ‘guerra fredda’ rispecchiata dalla Serie Originale con un espediente che – nota Attivissimo, cui Discovery proprio non è piaciuta – pare venire paro paro da un classico di altro genere), uno in maniera un po’ scontata (la redenzione di Burnham) ed uno che invece mi ha fatto urlare di sorpresa (l’antesignano di Mirror mirror) e che pare promettere altre intriganti vicende.
Che sia uno Star Trek diverso è una banalità (ed è sempre interessante vedere come la serialità televisiva sia cambiata non solo rispetto agli anni ’60, ma anche rispetto ad Enterprise, finita meno di quindic’anni fa), come è probabilmente banale notare che l’impianto ‘etico’ della creazione di Gene Roddenberry sia stato serenamente messo da parte ma il risultato finale merita, in attesa per lo meno di vedere che strade prenderà…
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