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verba volantia

29 aprile 2017

9788858125779_0_0_300_80Il buon Alessandro Barbero ha scritto recentemente un libretto molto interessante, Le parole del papa, in cui ripercorre la storia dell’ultimo millennio attraverso estratti di discorsi pontificali, dai tempi in cui si discuteva del potere temporale e spirituale della Chiesa (non che Bonifacio VIII lasciasse molto spazio alla libertà di scelta: per ogni creatura umana sottomettersi al romano pontefice è assolutamente necessario alla salvezza) a quelli in cui papa Francesco invita i ggiovani a ‘fare casino’ (hacer lìo).

Immaginare coerenza in una storia secolare è una perdita di tempo, e così, a fianco di un Niccolò V che nel 1452 invita il re del Portogallo a “ridurre in perpetua schiavitù” i ‘Saraceni’, coesiste un Paolo III che nel 1537 vieta ai conquistadores di rendere schiavi gli amerindi. A riportare le cose per il verso giusto provvede nel 1832 Gregorio XVI che denuncia il ‘pestilenziale errore’ di chi pensa che ‘si possa in qualunque professione di Fede conseguire l’eterna salvezza dell’anima se i costumi si conformano alla norma del retto e dell’onesto’, cioè l’ “errore velenosissimo” della “libertà di coscienza”, seguito dal sobrio Pio IX, il cui complottismo lo porta a pensare che l’intero Risorgimento italiano sia un piano ordito dai luterani contro la Chiesa Cattolica (!).

Le cose cambiano un po’ con Leone XIII (Rerum novarum, 1891), con il quale la Chiesa cerca una dialettica colla modernità di cui critica alcuni aspetti (“l’essersi accumulata la ricchezza in poche mani e largamente estesa la povertà”) senza comunque diventare, chessò, marxista (“la proprietà privata è diritto di natura”), con gli inascoltati appelli di Bendetto XV contro il primo conflitto mondiale e poi coll’enciclica mancata di Pio XI.

E se curiosamente la prima metà del secolo scorso è quella in cui la voce della Chiesa smette praticamente di essere ascoltata (non mi pare ad esempio che i cattolici italiani si siano tenuti lontani dalla vita politica, nevvero?), dagli anni ’60 in poi i pontefici saranno in grado di parlare il linguaggio della modernità (esemplari la Pacem in terris di Giovanni XXIII e la Popolorum progressio di Paolo VI), per quanto ugualmente inascoltati….

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