I’ve done this before, not like this
Di solito, quando i membri di una boyband lasciano una boyband non fanno in realtà cose molto diverse da quelle della boyband di provenienza – si trovano semplicemente a non dover dividere i proventi per cinque, direi.
Angels di Robbie Williams, per dire, non è anni luce distante da Back for good dei Take That, il primo Justin Timberlake risente decisamente degli ultimi *Nsync (quelli di Pop o di Gone) ed il debutto solista di Ronan Keating era fisicamente presente nel greatest hits dei Boyzone.
Ad un anno dal suo brusco allontanamento dagli One Direction (‘voglio essere un ragazzo normale’, perché evidentemente i ‘ragazzi normali’ sono il 25° artista a debuttare al #1 nella Hot 100 di Billboard), Zayn (sine Malik, come Cher) ha scelto invece di dare un brusco taglio al passato e non c’è nota di Mind of mine che possa trovare spazio nella discografia dei 1D, ad esclusione forse – ma non è una ‘nota’ – dell’insulsaggine della copertina:
Mind of mine non è, duole dirlo, un capolavoro assoluto, ma un disco con una sua coerenza, in bilico tra infantilismo (la scelta, fastidiosissima, di giocare con i fOnT per i titoli delle canzoni) e ribellismo adolescenziale (in Pillowtalk dice davvero ‘fucking‘? Pare di sì), con momenti decisamente riusciti (It’s you, Borderz) e l’affascinante consapevolezza di essere parte di un gigantesco melting pot globale, in cui un ragazzino di padre pakistano passa dal cantare Flower in urdu (!) a rievocare la periferia di Manchester come un qualsiasi teppistello britannico:
Lo dicevamo in tempi non sospetti, che era quello con personalità.
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