una canzone a caso – 279
Dean Martin, Memories are made of this
Corre voce che quest’anno debba tornare in Ungheria, dov’ero stato in viaggio di istruzione con la scuola tipo nel 1990, quando il muro era appena crollato e l’Ungheria (la più allegra baracca del lager socialista, si diceva) stava iniziando un lentissimo cammino verso la democrazia e la libertà (decisamente rallentatosi, direi).
Di quel viaggio ricordo varie cose: comprai un gioco da tavola appena uscito, si chiamava Capitaly ed era praticamente un Monopoli taroccato, di cui mi feci tradurre le carte di Imprevisti e Possibilità dalla guida, questo perché l’ungherese non è manco indoeuropeo (dopo decenni continuo a non capire come si sia potuta sviluppare una parentela ugro-finnica, ma sarà un problema mio) e va bene che sono poliglotta ma c’è un limite a tutto; ricordo che c’erano negozi occidentali (tipo Benetton) ma vendevano solo in dollari e ci dicevano che gli ungheresi non potevano averli; comprai un vinile di Actually dei Pet Shop Boys perché aveva la copertina diversa (!), trovai il cd di Flood dei They Might Be Giants che in Italia non trovavo (è il disco della meravigliosa Birdhouse in your soul) e comprai una cassetta (!) con un concerto a Budapest dei Cure che ancora sento; andammo a mangiare da McDonald’s; giocai per la prima volta a Talisman e mi ubriacai di vodka; facemmo una crociera sul Danubio sotto la pioggia; c’era un Piazzale degli Eroi come a Roma; ricordo un museo ed un artista di strada; pensavo che da grande avrei fatto lo scrittore, comprai un quaderno di scuola e ci scrissi i miei primi racconti, ispirati a Space oddity di David Bowie, poi capii che non era cosa.
Il ricordo più triste è quello di una strada del centro ai cui lati stavano in piedi delle donne, a vendere poche cose, come uno scialle che comprai a mia madre e due o tre uova che saranno venute dalla campagna e che erano tutto ciò quella donna avesse da vendere, immagino.
Dean Martin c’entra perché ho scoperto che la sua Memories are made of this divenne la triste colonna sonora della rivolta fallita del 1956, dei carriarmati a Budapest e di primavere che erano ancora molto lontane. Si chiamaba Honvàgy-dal, e la cantava Ida Boross:
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