non lecter, per quanto di inhumana crudelitas
Giovanni Brizzi è talmente ossessionato da Annibale (“studiando le sue gesta e persino identificandomi con lui”, scrive a p. 8) che ha ricevuto, mi dicono, la cittadinanza onoraria di un paesino sul Trasimeno in virtù dei suoi studi sulla battaglia del 217 aC. (!).
Le ossessioni monotematiche mi affascinano sempre, per cui, dopo il discreto Scipione e Annibale, mi si sono dato al più agile Annibale, ristampa di una cosa uscita a fine secolo e derivata da una trasmissione radiofonica, Alle otto della sera, che presentava biografie di uomini illustri.
Forse meno ‘poetico’ dello Scipione ed Annibale (che è stato scritto dopo) è una veloce rassegna della Seconda Guerra Punica, ben fondata sulle fonti classiche e sulle ricerche archeologiche, con un occhio particolare alle tattiche militari ed al bildungroman di Annibale stesso e dei suoi tre modelli di riferimento: lo spartano Lisandro (che fermò ad Egospotami la potenza ateniese), Alessandro Magno (da cui sviluppò la tecnica della falange da accerchiamento, che lo portò al trionfo di Canne e che per poco non riuscì a vincere a Zama) ed il fenicio Melqart, presto assimilato ad Eracle che, come Annibale, aveva devastato la Spagna (dove si trovava il giardino delle Esperidi), valicato per primo le Alpi (“graie”, perché era Ercole Graio, cioè greco) e domato il mostro (Caco) che, come racconta l’Eneide, dominava sul Lazio di un tempo, antesignano della Roma del III secolo…
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