de te fabula narratur
Ad essere sincero, la satura romana non mi ha mai intrigato granché, per quanto abbia a suo tempo affrontato un po’ di frammenti di Lucilio e letto un po’ di Giovenale.
Oltre a Persio, mi mancava l’Orazio satiro citato da Dante in Inferno IV, (come noto, il medioevo conosceva praticamente solo le Satire e non, per dire, quel monumentum che sono le Odi), per cui ho affrontato con curiosità la recente edizione delle Satire curata da Lorenzo De Vecchi ed ho ritrovato qualche vecchio amico già incontrato di qua e di là (la Canidia messa in fuga da un greve albero di fico, la fabula del topo di campagna e del topo di città, la sempre memorabile satira dello scocciatore, il viaggio a Brindisi, i toccanti ritratti del padre) e ne ho incontrati di nuovi (i consigli di Tiresia ad Ulisse su come diventare cacciatore di eredità ed il rovesciamento di ruoli per cui, nei Saturnali, lo schiavo Davo critica l’incoerenza di Orazio), svicolando però dall’approfondire le polemiche letterarie (Satire I 4, I 10, II 1) o filosofiche (la veramente impegnativa Sat. II 3) che appesantiscono un po’ il tono leggero dei due libri, che non sono certo la vetta della poesia oraziana e neanche della sua produzione giovanile (ho un debole per gli Epodi – via Archiloco, ovviamente).
Ad maiora, ovviamente.