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stvoy 6

26 marzo 2015

3363400_300x300_1La sesta stagione di Star Trek Voyager si apre con la seconda parte di Equinox (con la prima si era chiusa la quinta), un episodio che è un po’ la summa di quanto non funzionasse nella serie in quanto tale.

La parola chiave è ‘serialità’, l’idea cioè che gli episodi di una serie vadano visti tutti di seguito e non in sequenze casuali, perché la storia (ed i personaggi) si sviluppano in maniera logica e razionale. Il concetto oggi pare ovvio (vedere in ordine sparso cose come Lost o Game of thrones sarebbe ridicolo) ma non era così anni fa, quando, ad esempio, Italia Uno trasmetteva le puntate dell’originale Star Trek a caso o anche per The Next Generation, che solo nelle ultime stagioni cominciò a svilluppare piccoli ‘archi’ narrativi che servivano a ‘fidelizzare’ lo spettatore (riuscirà mai Worf a recuperare l’onore perduto?) e a costruire una vicenda coerente.

Fu con Deep Space Nine che le cose cambiarono e gli autori ebbero il coraggio di creare sette stagioni (qui l’ultima) che davvero raccontavano una storia che andava da un punto A ad un punto B ed alla fine tutto era davvero diverso da come era iniziata la cosa.

A Voyager, aihmé, non ci provarono neanche.

Tornando alla seconda parte di Equinox, in teoria sarebbe un episodio capace di stravolgere l’intera storia della serie (il capitano Janeway licenzia il suo primo ufficiale, per dire) ma alla fine della puntata finisce tutto a tarallucci e vino e vanno avanti come se niente fosse – in merito è interesantissima la testimonianza di Ron D. Moore, autore di Deep Space Nine che rimase amareggiato dalla sua breve esperienza a Voyager.

Ciò non toglie che, ogni tanto, si incontrino episodi ben fatti:

– One small step, bellissimo episodio sull’esplorazione spaziale di domani (Marte) e quella di dopodomani (Star Trek) –  dell’episodio parla anche, con toni negativi per il mancato sviluppo del suo personaggio, Robert Beltran, cioè Chakotay, qua

Collective, perché adoro i Borg bambini

Pathfinder, malgrado neanche il quadrante Delta sia abbastanza lontano da risparmiarci Deanna Troi

Blink of an eye, l’affascinante storia di un pianeta fuori dal tempo come lo conosciamo noi e che i nostri eroi sono in grado di osservare per un paio di millenni

Muse, che praticamente racconta la nascita della tragedia greca (secondo Frazer, più o meno) e sviluppa (giuro) un paio di idee della Poetica di Aristotele

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  1. stvoy 7 | cheremone

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