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write it all down

15 settembre 2014

ongoralitàTra le fonti de La musa impara a scrivere di Havelock c’è il di non molto precedente Oralità e scrittura di Walter J. Ong (ora ristampato, ma è del 1982 e la prima edizione italiana è di quattro anni dopo); entrambi i lavori conducono una dotta (e laboriosa!) indagine sui meccanismi di passaggio tra una società priva di scrittura (per la quale Ong parla di oralità primaria) ed una cultura dominata prima dalla scrittura e poi dalla stampa (con qualche, allora futuristica, riflessione sui media moderni e sul computer), un passaggio per il quale non è improprio parlare di ‘rivoluzione antropologica’.

Ong parte, e non potrebbe essere altrimenti, dai lavori di Parry sulla formularità in Omero ma si trova a suo agio anche nella cultura medievale (in cui, malgrado la dimensione della scrittura, sopravvivono fenomeni tipici dell’oralità) e nella società moderna, avanzando talora intriganti ipotesi.

C’è, ad esempio, l’idea che la ‘narrativa’ in senso moderno (il ‘romanzo’) sia nato essenzialmente per influenza della scrittura femminile, in quanto, anche nell’epoca in cui si iniziava a parlare di istruzione per le donne (come faceva Defoe!), queste erano escluse dalla formazione rivolta ai maschi (le donne devono imparare il greco per aiutare i figli nei compiti, si diceva), infarcita di retorica latina e quindi, in ultima analisi, prodotto di una cultura impregnata di oralità in cui per il romanzo non c’era posto…

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