non è voi che rimpiango, anni della mia giovinezza
Giunto ad una certà età, ho pensato fosse il caso di affrontare la letteratura russa (da piccolo avevo letto solo le Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij ed una cosa religiosa di Tolstoy) e caso ha voluto che partissi dal “Petrarca russo” (lo chiamano così alla Mondadori, giuro), Aleksandr Puskin, che deduco essere un romantico essenzialmente dal fatto che sia morto giovane IN UN DUELLO – il che dimostra che il Romanticismo italiano era davvero troppo indietro per raggiungere tali vette.
Anyway, ho letto le Poesie nella traduzione, fra gli altri, di Giovanni Giudici e, oltre a richiami smaccatamente oraziani (ho eretto un monumento non da mano creato… non morirò del tutto) e involontariamente leopardiani (ecco il selvoso colle, sotto il quale / spesso assorto sedevo e contemplavo / il lago, con mestizia ricordando / altre sponde, altre onde… ), ci sono cose così (ho cambiato il voi della traduzione in tu perché mi pareva un perverso francesismo):
Io ti ho amato: e ancora forse l’amore
nell’anima del tutto non ho spento;
ma che esso non sia per te un tormento;
non voglio che alcunché ti dia tristezza.
Io ti ho amato in silenzio, senza speranza,
di timidezza soffrendo, di gelosia;
io ti ho amato davvero, e così teneramente
come Dio ti conceda d’essere amato da un altro.
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