martin spartacus king
Le prime due stagioni di Spartacus (Blood and sand ed il prequel), per quanto liberamente ispirate alla vicenda storica, non avevano più di tanto sviato da una certa plausibilità, ovviamente romanzata e ‘pompata’.
La terza (o seconda?) stagione, Vengeance, cade invece nel madornale errore di fare di Spartaco una sorta di abolizionista umanista che, tra un massacro e l’altro, proclama la piena dignità di ogni essere umano (e non c’è niente di più antistorico) e va in giro per la Campania a liberare schiavi non per diventare un sovrano ellenista ma, appunto, perché è giusto.
Superato l’orrore per tale lettura (diffusa, eh), la serie ha i suoi momenti preziosi, come il grandioso ritorno di Lucrezia (inverosimilmente sopravvissuta al “parto cesareo” in cui l’avevamo lasciata), una (implausibile, eh) spiegazione della ragione per cui le truppe di Spartaco si mossero inizialmente verso sud andando così a condannarsi all’isolamento anziché muovere verso Roma o comunque verso nord (l’errore di Annibale), la dimostrazione che gli anfiteatri in legno non sono mai una buona idea, i Germani che parlano antico alto tedesco con Spartaco che si lamenta che non parlino latino e la fantastica battaglia alle pendici del Vesuvio…
Liberarsi di un semplice pretore è stata relativamente facile, ma nell’ultima stagione arrivano i pezzi grossi…
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