il mondo è un posto complicato
Tappa necessaria per l’eventuale candidatura alle presidenziali del 2016 di Hillary Clinton è il libro autobiografico che racconta i suoi anni come Segretario di Stato (2009-2013), su cui avevamo già letto qualcosa.
Hard choices (la cui lettura, va detto, è stata agonizzantemente lunga) si muove per aree geografiche (Hillary ci tiene molto a sottolineare che è stata in 112 paesi in 4 anni e scherza sul fatto che l’Air Force non permetta di accumulare ‘miglia’), dall’Oriente (Cina e Burma), all’Asia Centrale (Afghanistan, Pakistan, Iran, Iraq), dall’Europa (l’Italia appare due volte: Berlusconi rosica per la Libia e si lamenta dei cables di WikiLeaks) alla Russia (pare che l’unica cosa capace di emozionare Putin sia la salvaguardia della tigre siberiana), dall’America Latina all’Africa, dal Medio-Oriente (il capitolo sulla difficoltà di ottenere un ‘cessate il fuoco’ fra Israele ed Hamas suona tristemente attuale) all’America Centrale (Haiti), mentre l’ultima parte del libro è dedicata, oltre che ad un affettuoso ricordo della madre, a temi ‘globali’, come i cambiamenti climatici o la difesa dei diritti umani.
Il problema principale è che il libro a tratti pare una guida turistica o una pagina di enciclopedia (“Afghanistan, a mountainous, landlocked country located between Pakistan to the east and Iran to the west, is home to about 30 million of the poorest, least educated, and most battle-scarred people on earth“), a tratti uno strumento di propaganda in cui tutti sono d’accordo con lei e seguono i suoi suggerimenti e solo raramente traspaiono disaccordi all’interno dell’Amministrazione (su cui aspettiamo un nuovo libro di Bob Woodward, casomai).
Lettura intrigante, per quanto non essenziale. Anni luce lontano dai surreali commenti dei troll repubblicani, comunque.
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