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we are the ones who make a brighter day, so let’s start giving

15 luglio 2014

veynepaneSentendomi eroico, ho affrontato il poderoso Il pane e il circo di Paul Veyne (di cui avevo già letto lo strepitoso lavoro su Seneca, ma questo lo batte in quanto a mole ed astrusità, con domande spiazzanti tipo “Le regole del dono sono a-tètiche?”, p. 27), che affronta il complesso tema dell’evergetismo* nel mondo antico, anche se prima fa un capitolo, che vorrebbe essere introduttivo, sugli ‘attori’ dell’evergetismo stesso, con riflessioni intriganti (ma non limpidissime, diciamo) sulle differenze tra dono, beneficio et (solo fino ad un certo punto) similia.

Le cose si fanno più interessanti (e, sorpresa, quasi comprensibili) a partire dal cap. II (“L’evergetismo greco”), dove Veyne spiega la crisi della democrazia ateniese ed il suo passaggio (fine IV secolo aC) ad una ‘repubblica nobiliare’ come prodotto della diseguaglianza sociale fra ricchi e poveri, rinforzata dalla mancanza di interesse politico da parte della maggioranza della popolazione e soprattutto dai presupposti non universalistici della democrazia ateniese (qui ci sono riflessioni molto suggestive sulle differenze tra le utopie moderne e le idee di Platone che, prima di pensare ad una cittadinanza ideale, si concentra sul limitare al massimo il diritto stesso di cittadinanza – non si smentisce mai, eh).

Il capitolo successivo si sposta in Italia (“L’oligarchia repubblicana a Roma“) ed individua come caratteristica della società romana un forte dualismo tra una dimensione ‘statale’ ed una dimensione ‘personale’ del potere che si realizza in fenomeni quali la clientela, i donativa del generale ai suoi soldati e così via, mentre il cap. IV (“L’imperatore e la sua capitale”) analizza il contesto romano a partire dal I secolo dC, affrontando tra l’altro il tema della divinità del princeps (i Romani credevano che l’imperatore fosse un dio esattamente come Giove?) e le sue propaggini medievali (i re taumaturghi!), per poi perdersi un po’ e tornare ad essere, come dire, ostico.

* una delle mie parole preferite; viene dal verbo greco eu-ergetéo (“faccio del bene”) ma mi intriga soprattutto perché secondo me c’è sotto un digamma nel passaggio da eue– a eve-, come nel caso di euemerismo/evemerismo (sarebbe la teoria per cui le divinità non sono altro che trasformazione di un culto di antichi eroi, e fa molto preilluminismo), altra parola nella mia top ten personale (cui ora va aggiunta anche ‘pollicitazione‘). Potrebbe però essere solo questione di semivocali, mi dicono.

7 commenti leave one →
  1. 29 dicembre 2014 2:42 PM

    La diversa grafia/pronuncia euemerismo/evemerismo è dovuta solo al diverso recupero della parola dal greco, no? In italiano avevo sentito solo la forma evemerismo, mentre in inglese è euhemerism (con l’h per la re-introduzione dell’aspirazione dello spirito aspro di hemera?).
    Tu pensavi che la v fosse dovuta al recupero del digamma/vav/vau iniziale della radice *werk di ergetèo? O io non sto capendo il tuo dubbio?

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