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Come si diceva, è con la terza stagione che Star Trek The Next Generation diventa il classico che rimarrà sempre, anche se la prima puntata (Evolution) è un po’ difficile da prendere sul serio, un po’ per la nuova pettinatura della dottoressa Crusher ma soprattutto perché un personaggio è interpretato dall’attore che farà poi Bob Kelso a Scrubs per cui è dura restare seri.
Superata la cosa, ci sono episodi spettacolari come Who watches the watchers (il titolo è citazione di Giovenale e l’episodio è una serrata critica alla fede in esseri sovrannaturali – tipo il dio Picard), la seduta psicanalitica di The bonding, il ritorno di Q in Deja Q (persino il titolo è geniale), The offspring (una cosa degna del miglior Asimov), Sins of the father (l’inizio di un sub-plot kilingon che ci accompagnerà per anni), Sarek (capolavoro assoluto), Hollow pursuits (Barclay!) e in generale Romulani come se piovesse per tutta la stagione (ed il narrativamente insospettabile ritorno di Tasha Yar).
Il finale di stagione (la prima parte di The best of both worlds) è il più grande cliff-hanger di sempre. Semplicemente perfetto.
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