it’s only just light years to go – cheremone’s concorso – 6
(continua da qua) Le prime due domande di latino era dopotutto abbordabili, mentre le maggiori perplessità vennero con la terza domanda (per il contenuto) e la quarta (per la formulazione). Allacciamoci le cinture e cominciamo…
3) Il/la candidato/a esponga sinteticamente le principali notizie di cui disponiamo sul teatro latino nell’età di Augusto, le discussioni in proposito fra i letterati dell’epoca e i tentativi di produrre nuove opere, mettendo in evidenza gli aspetti sui quali si soffermerebbe nell’impostazione di un’unità di apprendimento, con l’indicazione delle metodologie e delle strategie didattiche a cui si atterrebbe
Ok, qui siamo nel delirio. Secondo me, originariamente la domanda era sul teatro latino nell’età di Nerone perché in tal caso si parlerebbe delle tragedie di Seneca (tipo la Fedra), un argomento cioè preso dalla prassi scolastica sul quale realmente si potrebbe costruire quella che ora hanno deciso di chiamare “unità di apprendimento” (a inizio millennio andava di moda parlare di “unità didattica”, poi hanno deciso che la “dittatica” era “docente-centrica” mentre l’apprendimento era “alunno-centrico” e quindi hanno coniato il nuovo sintagma. In miniera, dovreste finire). Ad un certo punto della rivisione, qualcuno che non aveva fatto il liceo avrà pensato ‘Nerone? Secondo me è meglio Augusto!’ e la traccia è diventata quella che ci è stata sottoposta, nello sconforto generale.
Lo sconforto generale era dovuto al fatto che del teatro latino nell’età di Augusto non ci resta praticamente niente: i manuali di letteratura si limitano in poche righe a dire che ad Augusto sarebbe piaciuta una rinascita del teatro (ed infatti costruì pure un teatro dedicato all’amato Marcello) ma praticamente nessuno se lo filò e, solo per farlo contento, Orazio scrisse una Ars poetica che lascia perplessi i più, visto che altrove (Ep. II 1) critica la letteratura teatrale. Certo, si potrebbe anche parlare dell’Aiace scritto dallo stesso princeps (che soleva dire che il suo Aiace si era ucciso con la gomma da cancellare più che con la spada, nel senso che era un’operetta disastrosa), di una Medea di Ovidio (ma siamo alla fine dell’età augustea), del Tieste di Vario che piaceva tanto a Quintiliano, delle tragedie di Asinio Pollione (cui allude Virgilio) di cui ci resta mezzo verso (!) che pare riprendere una glossa di Accio e cose così. Cose così che ho appurato a posteriori, quando mi sono messo a studiare questa cosa tanto per capire se era possibile farci una tesi di dottorato, non di certo una lezione a scuola, dove sfido chiunque a dedicare del tempo ad un argomento letteralmente intrattabile. Al concorso ho scritto banalità sul teatro romano, ho fatto una battuta sulle tragedie antitiranniche ed è finita lì. Secondo me, hanno fatto finta che la domanda non esistesse ed hanno corretto solo le altre tre, perché solo chi aveva fatto la tesi di laurea su questo argomento sarebbe stato in grado di rispondere decentemente senza una gigantesca arrampicata sugli specchi. Incubo.
Dulcis in fundo, la via di Damasco:
4) Il/la candidato/a esponga sinteticamente le principali caratteristiche della letteratura latina cristiana delle origini, con particolare riferimento alle opere di Agostino
Domanda carina, molto da terza prova, con una sola perplessità: se per “letteratura cristiana latina” arriviamo fino alla Summa theologiae di Tommaso d’Aquino, Agostino va benissimo “alle origini”; se, come si suole fare a scuola, si colloca la letteratura cristiana latina dal II al V secolo dC, Agostino non è esattamente “alle origini”. Anyway, avrò scritto cose di buon senso sugli apologisti e poi sulla confutazione delle eresie e dovrei essere sopravvissuto dignitosamente, perché ho sempre trovato i cristiani divertenti.
Mica è finita, manca greco…
(continua…)
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