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Visto che ho già iniziato Dynasty, mi è parso doveroso tentare l’impresa ed affrontare pure Dallas.
La prima stagione nasce, a quanto pare, come miniserie di per sé conclusiva e composta da soli 5 episodi in cui mi pare ci siano tutti gli ingredienti del genere: la famiglia Ewing si innervosisce non poco quando Bobby (che nel 1978 passava per “bello”, inverosimilmente) sposa Pamela, sorella del nemico storico della famiglia, Cliff Barnes; il fratello maggiore, JR, è sposato con Sue Ellen ma le cose non vanno bene (“non facciamo più l’amore!” lo supplica lei, mentre lui nota che un completino sexy non è “da signora”) e va a letto con la sua segretaria ma non le dice “ti amo”, per cui lei per ripicca cede segreti industriali a Cliff; c’è poi una nipotina disinvolta che tresca con lo stalliere (!), che aveva anche avuto una tresca con Pamela, e fa sega a scuola e, quando beccata, dice che il preside ha tentato di violentarla. Lovely. E questo succede solo nei primi tre episodi.
La seconda stagione si snoda per 24 (!) puntate, in cui torna il fratello disfunzionale, Gary, appaiono vecchie fidanzate, mariti e fratelli dimenticati (!) ma la cosa più bella è quando Sue Ellen (che dalla prima puntata pareva già sull’orlo di un tracollo psicotico) decide che per salvare il suo matrimonio lei e JR dovrebbero avere un figlio ma, siccome lui la disdegna, lei decide di comprare un bambino senza dirglielo. Ah, e poi diventa l’amante di Cliff Barnes. E resta incinta. Ma forse di JR, perché lui nel frattempo l’ha praticamente violentata.
Il tutto in un contesto incantevolmente razzista (ad un barbecue i camerieri sono tutti neri e paiono usciti da Via col vento; se non sono neri, sono messicani), sessista (“tesoro” non mi pare un termine rispettoso per la segretaria e non parliamo di quanto si agitino tutti quando Pamela decide di lavorare perché “a casa si annoia”) e classista (epica la scena in cui due proletari tengono in ostaggio la famiglia e non vogliono stuprare Pamela perché “una di loro”).
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