all ends with beginnings
Il precedente album dei Pet Shop Boys, Elysium, era, come dire, funereo nei toni e cupetto nelle riflessioni, pur avendo i suoi momenti (Leaving, Memory of the future e Requiem in denim and leopardskin, soprattutto).
A dieci mesi da allora, esce Electric, che invece va da tutt’altra parte.
E’ prodotto da Stuart Price ( quello che ha fatto risorgere Madonna ai tempi di Confessions on the dancefloor e che ha fatto diventare Mr. Brightside dei Killers quello che poteva diventare) che, siccome è ossessivo-compulsivo, ha pensato di lavorare sulle canzoni in ordine alfabetico, ordine mantenuto nella tracklisting del disco (Love is a bourgeois construct si chiamava originariamente solo Bourgeois), e che ha messo insieme un disco che sta più dalle parti di Introspective e Very (o, meglio, la sua appendice Relentless) che di Behaviour.
Si apre con Axis (praticamente i Daft Punk alle prese con l’italodisco) e Bolshy (italian, very italian), ma il primo, grande momento è Love is a bourgeois construct che parte da una cosa che secondo me sembra Rondò Veneziano (!) e che è uno dei più epici testi di Neil Tennant (che cita Marx, come hanno con piacere notato da queste parti)
Si prosegue con Fluorescent, con Inside a dream e Shouting in the evening per arrivare al secondo grande momento del disco: una canzone misconosciuta di Bruce Springsteen (The last to die).
Terzo trionfo, una cosa che potremmo chiamare Paninaro 2013 ma che si chiama Thursday ed ospita Example. E si chiude con il trionfo di Vocal.
La parola chiave è trionfo.
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