thirtysomething…
Sono passati una decina d’anni da quando sentii per la prima volta Jamie Cullum, probabilmente tramite la sua cover di High and dry dei Radiohead.
Il grande successo sarebbe arrivato poco dopo, con l’album Twentysomething, il cui successo (anche per i maligni è comunque un disco jazz, non proprio quello che normalmente vende milioni di copie) colse tutti di sopresa, anche perché faceva strano vedere un ragazzino ventenne mostrare tale familiarità con un genere così poco da ggiovani (e fu anzi proprio la sua capacità di mescolare il classico col moderno a funzionare – vedasi Frontin’) e soprattutto una tale energia dal vivo (lo vidi a Losanna e fu spettacolare).
Da allora, sempre con molta calma, sono usciti altri dischi, fino al nuovo Momentum, che lo vede ora thirtysomething, nonché padre di famiglia con due bimbe al seguito, e che resta un lavoro notevole, composto da qualcuno che, finalmente, non ha molto da dimostrare.
In Momentum non c’è niente di immediato come accadeva nei dischi precedenti, ma molta maestria e tentativi di rimanere fedeli a se stessi anche se si è cresciuti – Love for $ale, che ospita Roots Manuva, è la più bella canzone che i Gorillaz non abbiano mai scritto, con risultati che fanno pensare di aver chiuso il cerchio dei dieci anni che separano il ragazzino All at sea e l’uomo di Take me out (of myself).