“le cose di prima”, tipo la grammatica?, “sono passate”
Non so a voi, ma a me è parso opportuno, per Pasqua, leggere l’Apocalisse di Giovanni, nell’originale greco.
E proprio lì sta il problema, visto che l’Apocalisse è scritta nel greco peggiore possibile, da parte di qualcuno che non ha capito neanche come funzionano i casi e le concordanze (in 4 1 un femminile è accordato con un participio maschile!) e che fa finta che non esista l’ottativo usando al suo posto il futuro, anche in dipendenza da ina ed usato indifferentemente col congiuntivo (orrore orrore).
Ad essere sinceri, i primi tre capitoli sono scritti in maniera accettabile (sarà che sono la dettatura di lettere che un angelo vuole mandare a sette chiese dell’Asia Minore, per cui almeno l’angelo sembra conoscere la lingua che parla), ma dal quarto capitolo in poi Giovanni prende il controllo nel descrivere la sua visione e si entra davvero in un delirio morfosintattico che fa paura.
Superato il profondo disagio (aoristi II con le desinenze dell’aoristo I!), il commento, ricchissimo e dottissimo, di Daniele Tripaldi, aiuta a decifrare uno dei testi più fraintesi e variamente interpretati della storia, cercando di contestualizzarlo alla luce della coeva letteratura profetico-visionaria e delle prime comunità cristiane nei loro rapporti, conflittuali, con il mondo pagano (promiscuità sessuale e soprattutto cultuale sembrano essere le ossessioni dello scrittore), perché questa “rivelazione” non è tanto il racconto di quello che si credeva potesse essere il futuro quanto il commento di quello che allora era il presente, e che presente, sospeso tra un grandioso passato ed un nebuloso futuro.
no, io no, solo Matteo in traduzione…
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