as anthony said to cleopatra some girls are bigger than others
Come si notava qua, raccontare la storia di donne del mondo antico è impresa infelice, perché, tranne pochissime eccezioni, sono i maschi che parlano di loro, e spesso i loro nemici.
Ardua è dunque l’impresa cui si è dedicato Duane W. Roller nello scrivere una biografia di Cleopatra, l’ultima regina d’Egitto, madre dell’unico figlio maschio di Cesare (se davvero lo era Cesarione) nonché di tre figli di Antonio (l’unica che sopravvisse, Cleopatra Selene, divenne regina di Mauritania ed ebbe un figlio, Tolomeo, ucciso dal cuginetto Caligola perché, spettegola Svetonio, si vestiva meglio di lui – in realtà pare avesse cominciato, prerogativa imperiale, a coniare monete d’oro).
Che fosse una donna affascinante e bella è risaputo, mentre è meno noto che fosse una donna coltissima, esperta di medicina (avrebbe scritto anche un’opera, talora citata da autori successivi, tipo Galeno), abile a parlare più lingue (fu la sola dei Tolomei che si prese la briga di imparare l’egizio) ed impegnata fino all’ultimo a cercare di salvare l’autonomia del suo regno (togliendo di mezzo, se necessario, fratelli e sorella), mentre la storia (ed Ottaviano) andava da un’altra parte – e pare inoltre che l’aspide non c’entrasse molto.
Fatale monstrum la chiama Orazio (Odi I 37), che resta comunque colpito dal sua maschia virtù (nec muliebriter) e dall’orgoglio di chi preferisce la morte all’essere trascinata, humilis mulier, in un superbo triumpho per il sempre odioso Ottaviano…
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