there was once a future
Caso vuole che, in questa brutta giornata romana, mi sia arrivata la ristampa del secondo album degli Erasure, The circus, del 1987.
Ma stamattina, partendo dal “così si compiva la volontà di Zeus” dei primi versi dell’Iliade, ricordavo ai fanciulli che anche gli dèi sottostanno ad un potere superiore, chiamiamolo Fato o Moira, che si muove in maniera imperscrutabile e la inverosimile coincidenza degli scontri di Roma con un disco degli anni ’80 non è poi così inopportuna, anzi.
Dopo un bel debutto come Wonderland (che fu però ignorato dal grande pubblico), è con The circus che gli Erasure diedero il via alla loro fase imperiale, durata più o meno fino al 1995 (esistono tuttora, eh, ed hanno appena pubblicato l’intrigante Tomorrow’s world), grazie ad un singolo che resta magistrale, Sometimes. La nuova edizione allega all’album originale un secondo cd di lati b, remix e simili ed un dvd con un live d’epoca, i video e le apparizioni a Top of the pops (come questa, la prima).
Quello di cui però volevo parlare è il quarto singolo tratto dall’album, l’omonima The circus perché, parlando dell’Inghilterra di 24 anni fa, dice molte cose dell’Italia di oggi, e serve a far capire molto di quanto sta accadendo in queste ore, sia di accettabile sia di inaccettabile. La chanson parla, non molto velatamente, del governo della Thatcher (And they show no concern), della allora incipiente globalizzazione (Father worked in industry / Now the work has moved on) e di un futuro che non sembra esserci più (Putting back the pieces / Of a broken dream… There was once a future / For a working man / There was once a lifetime / For a skillful hand). Il testo sta qua.
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