somewhere only we know
Di tutti i paesi un po’ inverosimili in cui sono andato nella mia vita, il Mali occupa un posto speciale e parecchi ricordi anche piuttosto intensi; a suo tempo, la polizia (malese? malina? malica?) non era molto entusiasta all’idea che si andasse nel nord del paese, area da decenni caratterizzata da una sorta di guerra civile a bassissimo profilo, tra la popolazione nomade dei tuareg e gli eserciti dei paesi immediatamente sub-sahariani, in quanto i nomadi non sembrano apprezzare molto l’idea di, uhm, “confine”.
Per questo il mio unico scambio con un tuareg fu l’acquisto nel mercato di Bamako di una collanina etnica ed una discussione un po’ surreale in cui cercavo di spiegarli che una scacchiera con 10 caselle per lato che cercava di vendermi non andava bene per giocare a scacchi.
Per rimediare, da allora seguo con attenzione i Tinariwen (il sito pare inattivo), un gruppo di tuareg che fa, dal 2001, dischi bellissimi; l’ultimo si chiama Tassili e, per quanto un po’ indistinguibile dai precedenti, è sempre affascinante. E’ una di quelle cose che fa venire in mente la sabbia fra le dita, il cielo stellato sopra di me ed il sapore di uno strano té bevuto in una tenda nel deserto; cose così, insomma.
oh si, l’Africa deve essere un posto bellissimo, una mia amica ci vive ormai da quattro anni, ed è giusto in Mali in questo periodo. Manda lunge e-mail sul caldo asfissiante, sulla stagione delle piogge, sulle latrine, sui vermi dell’acqua… si, l’Africa deve essere bellissima. Vista da qua. Tutto ciò per dire che ammiro molto chi riesce ad andarci, perchè invece io, che sono una cittadina schifosamente viziata, non riesco ad andare nemmeno in campeggio a, che so, Sabaudia.
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