una questione di paideia
Come diceva un mio professore, usiamo termini come ‘educazione’ ed ‘insegnamento’ spesso come sinonimi, disattenti alla loro dimensione etimologica, per la quale ‘insegnare’ vuol dire “segnare dentro”, cioè prendere un vaso e metterci dentro delle cose, mentre ‘educare’ è esattamente il suo contrario, ex ducere, cioè, platonicamente, “tirare fuori”, sviluppare, quello che già c’è.
Questo paradosso mi è tornato in mente leggendo un libro importante, Non per profitto, di Martha C. Nussbaum, un’accorata difesa della cultura “umanistica” (nel suo senso più profondo di cultura ‘socratica’, di capacità cioè di mettere se stessi in discussione) in una società come quella attuale, tesa (esclusivamente, parrebbe) al profitto ed alla creazione, nel sistema scolastico ed universitario, non di “teste pensanti” ma di puri e semplici “tecnici”, nel senso deteriore di “sudditi”, parola che poco ha a che fare con le democrazie moderne (l’autrice guarda, per ragioni biografiche, soprattutto agli Stati Uniti e all’India).
L’argomento è attualissimo, non solo in una riflessione pro domo mea, ma perché la formazione umanistica non “serve” ma, come tutte le cose che non servono (serve l’amore? serve l’amicizia? serve un quadro di Caravaggio?), è la sola che ci rende profondamente umani.
Abbandonarla in nome di una supposta efficienza è una scelta (politica, va ricordato) criminale, il cui costo stiamo già pagando; il buon Tullio de Mauro, sottolinea, nella sua introduzione (che da sola varrebbe l’acquisto del libro), che paesi oggi economicamente in pieno sviluppo dedicano tuttora ore scolastiche allo studio delle loro origini (in India pare si studi il sanscrito; in Giappone si studiano gli ideogrammi cinesi – il loro ‘greco’, nota de Mauro; in Cina si studia il mandarino e lo studio dell’arabo coranico è fortissimo elemento di coesione nei fra loro diversissimi paesi islamici), cioè essenzialmente di quello che sono, mentre la scuola italiana sta andando verso una catastrofe dalla quale sarà difficilissimo riprendersi, anche se un giorno si volesse.
Prossimo libro da leggere: Non per profitto.
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ne vale la pena, anche se a tratti si perde nella pedagogia di Tagore ;-)!
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